30 settembre, 2012

Dal peccato muto ai diritti umani

Bijoy M. Trentin

È nel 1869 che nasce, dalla penna di Kertbeny, il termine “omosessualità”, che – ovviamente – è sempre esistita, ma è nell’Ottocento che, parallelamente alle definizioni e classificazioni scientifiche e parascientifiche, comincia a formarsi la percezione della cultura omosessuale con specifiche caratteristiche identitarie. Un secolo dopo, nella notte tra il 27 e il 28 giugno del 1969, prende vita – senza dubbio simbolicamente – la ‘fierezza’ (“pride”) gay, quando un gruppo di omosessuali si ribellò ai soprusi della polizia che aveva fatto irruzione nel locale Stonewall Inn, al Greenwich Village di New York. Da allora per le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) sono avvenuti numerosi passi in avanti, a volte raggiungendo – in alcuni Paesi – mete impensabili fino a non molto tempo fa, come il matrimonio e l’adozione estesi a tutti senza piú barriere. Ma numerosi ne devono essere ulteriormente fatti, poiché vi sono Stati in cui l’omosessualità è considerata ancora persino un crimine, punito talvolta anche con la morte.

E proprio del processo di affermazione dei diritti LGBT negli ultimi decenni parla ‘L’abominevole diritto. Gay e lesbiche, giudici e legislatori’ di Winkler e Strazio (Milano: il Saggiatore, 2011). Con massima attenzione a definire sempre termini e concetti, si passa dallo smontaggio degli stereotipi piú diffusi alla costruzione di un’impalcatura per la società che veramente non preveda piú discriminazioni basate sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale: dal “peccato muto” e dall’“amore che non osa dire il suo nome” di wildeiana memoria si giunge ai diritti pieni per tutti, per una civiltà dell’uguaglianza, in cui le differenze non si annientano ma vengono valorizzate. L’atteggiamento pragmatico che parte dai casi concreti, dai fatti accaduti, dalle sentenze emesse contempla anche le visioni piú ampie, quelle che consentono di dare un significato alle rivendicazioni LGBT. Il volume è anche un ottimo antidoto a tutte quelle pericolose sciocchezze che ogni tanto vengono dette persino da autorità politiche e religiose. Per esempio, non si può dimenticare che il matrimonio secondo la Costituzione non è riservato esclusivamente alle coppie etero («La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», art. 29): recentemente, la Corte Suprema di Cassazione ha rammentato che è «stata radicalmente superata la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per cosí dire “naturalistico”, della stessa “esistenza” del matrimonio» (sent. n. 4184/12): ma si può aggiungere chiaramente che se vi fosse prevista un’antiquata discriminazione basata sulla differenza sessuale, di certo sarebbe giunto il momento di eliminarla anche dalla Costituzione stessa, che, invece, non pone ostacoli all’allargamento del matrimonio alle coppie dello stesso sesso, a cui deve essere comunque riconosciuto il diritto alla vita familiare. In occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012, Vitaliano Esposito, eletto dai piú ‘moderati’ a Procuratore Generale della Cassazione nel 2008, ha ribadito che «il diritto al tempo della crisi non può trasformarsi in una crisi di progettualità del diritto. E tale progettualità non può lasciare incompiuta l’azione volta a far emergere ed a proteggere, con sempre maggiore intensità ed efficacia, soprattutto quelli che vengono definiti “diritti sottili” o “diritti degli ultimi”: penso, in particolare, ai diritti dei disabili, degli omosessuali, dei bambini, dei migranti, dei detenuti, delle persone vulnerabili». Purtroppo, rispetto a ciò, di accentuata sordità e testarda ignoranza appaiono alcuni politici (anche parlamentari) di schieramenti di vario colore: è sbalorditiva la sua trasversalità, eminentemente di tipo apolitico.

Come l’omosessualità, anche l’omofobia è sempre esistita, ma ciò non esclude la possibilità e la necessità di un cambiamento di visione: la discriminazione non può autoalimentarsi sulle basi del tradizionalismo. È sempre piú evidente che non è semplice (e legittimo – si potrebbe aggiungere) definire categoricamente ogni tipo di identità di genere e di orientamento sessuale, ma almeno è possibile con piú certezza dire cosa l’omosessualità non è: non è una scelta e non è una malattia mentale (come tale non è piú considerata nemmeno dall’American Psychiatric Association dal 1973 e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dal 1985). Se nell’identità di genere e nell’orientamento sessuale si mescolano elementi naturali e culturali in modo indissolubile, nell’omofobia vi sono solo connotazioni discriminatorie di tipo culturale, tali da portare anche a atti di violenza estrema, come nel caso di Matthew W. Shepard, picchiato, torturato e ucciso perché gay: quando fu ritrovato il suo corpo, «le sole parti del viso non coperte dal sangue erano solcate dalle lacrime». E porta proprio il nome di Matthew W. Shepard la legge che negli USA è stata promulgata nel 2009 contro le violenze per motivi di religione, razza, colore della pelle, origine nazionale, identità di genere, orientamento sessuale e disabilità. In Italia, invece, l’accecamento e l’incapacità dei politici ha fatto sí che per ben due volte le proposte di legge anti-omofobia/transfobia fossero affossate tramite pretestuose “pregiudiziali di costituzionalità”: quando, invece, sarebbe cosí ovvia e semplice l’estensione della legge Mancino, che si pone già in linea con i provvedimenti degli Stati piú all’avanguardia nella lotta all’odio e alla violenza mirati per categorie di persone. Di recente, un esponente politico di rilievo nazionale ha potuto impunemente persino paragonare un bacio per strada tra persone dello stesso sesso a una pubblica minzione, quindi mettendo, con non troppo sottile retorica, l’omosessualità sullo stesso piano di un reato previsto dal codice penale (cfr art. 726, relativo agli atti contrari alla pubblica decenza), mentre presso l’ONU gli (altri) Stati civili chiedono la depenalizzazione dell’omosessualità in tutto il mondo. Anche sul tema delle coppie dello stesso sesso si procede con lenti che palesano l’omofobia/transfobia interiorizzata e istituzionale dei politici: se tutti devono godere degli stessi diritti, non è (piú) immaginabile che, per una brutale logica di non-contaminazione e segregazione, le persone LGBT non possano accedere al matrimonio ma solo alle unioni civili, che prevedano o tutti o parte dei diritti previsti dall’istituto matrimoniale. Anche da questo punto di vista i Paesi piú avanzati ci guardano oggi con uno sguardo misto di compassione e riprovazione.

È Stefano Rodotà, nell’introduzione all’‘Abominevole diritto’, a sottolineare la possibilità di un nuovo quadro normativo, tale da delineare una società diversa, in cui i diritti fondamentali sono validi davvero per tutti e non solo per alcuni: non esita, cosí, a lanciare una sfida politica a breve termine affermando che «il diritto può riscattarsi dal suo abominio se riprende almeno la sua forza simbolica, la sua funzione di legittimazione di princípi e comportamenti civili. In questa direzione, e per uscire dalla regressione nella quale siamo precipitati, nulla sarebbe piú forte del riconoscimento pieno dei diritti degli omosessuali». Come ha ricordato nel dicembre 2011 al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU il Segretario di Stato USA Hillary Clinton, i diritti LGBT sono diritti umani e i diritti umani sono diritti LGBT.

 
"Riforma della scuola" n°15

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30 settembre, 2011

Le tematiche LGBT a scuola

Bijoy M. Trentin

Per la costruzione delle identità di genere e del rispetto di tutti gli orientamenti sessuali la scuola ha un ruolo incisivo per gli individui e per i gruppi sociali: la crescita in un ambiente accogliente e la convivenza con le diversità contribuiscono al benessere psicofisico delle singole persone e alla coesione partecipativa delle molteplici collettività. Rilievo e attenzione maggiori richiedono oggi le tematiche relative alle identità di genere e agli orientamenti sessuali: se finora i docenti hanno proceduto di solito in modo empirico, è necessario oggi elaborare strategie e progetti formativi che coinvolgano tali problematiche all’interno dell’attività didattica in maniera adeguata e responsabile.

Recentemente l’Unione Europea si è espressa in merito a questi temi per ‘agevolare’ i lavori che si stanno svolgendo presso le Nazioni Unite, dove il 17 giugno 2011 è stata approvata una storica Risoluzione (A/HRC/17/L.9/Rev.1) [1] che – sperabilmente – condurrà a importanti pronunciamenti ulteriori nei prossimi mesi. La “Risoluzione del Parlamento europeo del 28 settembre 2011 sui diritti umani, l’orientamento sessuale e l’identità di genere nel quadro delle Nazioni Unite” (P7_TA(2011)0427) [2] «ribadisce che i diritti umani sono universali e indivisibili e si applicano a tutti nello stesso modo indipendentemente dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere» (art. 4), che vi è «preoccupazione per le numerose violazioni dei diritti umani e le diffuse discriminazioni connesse all’orientamento sessuale e all’identità di genere perpetrate sia nell’Unione europea che nei paesi terzi» (art. 1), e «si rammarica che nell’Unione europea i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ivi inclusi il diritto all’integrità fisica, alla vita privata e alla famiglia, il diritto alla libertà di opinione, di espressione e di associazione, il diritto alla non discriminazione, il diritto alla libera circolazione anche per le coppie omosessuali e le relative famiglie, il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ricevere cure mediche, nonché il diritto di asilo, non siano ancora sempre pienamente rispettati» (art. 11), «condanna con assoluta fermezza il fatto che, in alcuni paesi, anche all’interno dell’Unione, l’omosessualità, la bisessualità o la transessualità siano ancora percepite come una malattia mentale e chiede agli Stati membri di affrontare questo fenomeno; chiede in particolare la depsichiatrizzazione del percorso transessuale, transgenere, la libera scelta del personale di cura, la semplificazione del cambiamento d’identità e una copertura da parte della previdenza sociale» (art. 13) e «invita la Commissione a l’Organizzazione mondiale della sanità a depennare i disturbi dell’identità di genere dall’elenco dei disturbi mentali e comportamentali e a garantire una riclassificazione non patologizzante in sede di negoziati relativi all’11a versione della classificazione internazionale delle malattie (ICD-11)» (art. 16). In questa Risoluzione, inoltre, si fa riferimento anche a altri importanti documenti, come la Raccomandazione del Comitato dei ministri CM/Rec(2010)5, del 31 marzo 2010, sulle misure per combattere la discriminazione fondata sull’orientameno sessuale o l’identità di genere, la relazione dell’Agenzia dei diritti fondamentali dal titolo “Omofobia, transfobia e discriminazione basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere” (novembre 2010) e lo “Strumentario per la promozione e la tutela dell’esercizio di tuttti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT)” [3] adottato dal Consiglio dell’Unione Europea (17 giugno 2010).

Purtroppo, ben poco l’Italia ha fatto per promuovere la cultura del rispetto delle differenze, e quindi la varietà delle identità di genere e degli orientamenti sessuali: e soprattutto non solo non è in grado di legiferare sulle coppie dello stesso sesso (goffamente si è parlato, in ordine di tempo, di Pacs, Dico, Didoco, Cus, Didore, tutti zoppi ampliamenti di un ristretto numero di diritti riservato alle coppie sposate eterosessuali), ma nemmeno è ancora capace di approvare una legge anti-omofobia/transfobia. Le spinte tradizionaliste e integraliste (solitamente vicine o affiliate a frange fondamentaliste religiose) sono riuscite a far naufragare per ben due volte le proposte di legge volte a arginare e eliminare la fobia nei confronti delle persone LGBT, avallando cosí anche le forme di omofobia/transfobia interiorizzate (che considerano l’eterosessualità l’unico modo corretto di essere e vivere) e istituzionali (che vedono i governi, i politici e le autorità opporsi all’uguaglianza delle persone LGBT, con discorsi d’odio oppure atti che limitano o negano del tutto le occasioni di aggregazione o le manifestazioni come i pride). E ciò avviene anche a fronte di un aumento dei crimini contro le persone LGBT, denunciato da Amnesty International [4], che, dunque, invita le autorità italiane a contrastare questi fenomeni con maggiore determinazione. È, quindi, possibile rilevare come il panorama dei diritti umani legati alle persone LGBT è presente e chiaro presso l’Unione Europea e le Nazioni Unite: è quasi del tutto inesistente e fortemente offuscato quello italiano, che non riesce a recepire le indicazioni sovranazionali già diffuse.

Il Consiglio d’Europa si è espresso ripetutamente contro le forme di discriminazione e di bullismo di tipo omofobico/transfobico, prestando particolare attenzione per i piú giovani, anche nei contesti educativi (inclusi quelli di tipo formale, istituzionale). Nell’art. 3 della Raccomandazione del Comitato dei Ministri 12561(2011) del 30 marzo 2011, si ritiene che siano necessarie azioni atte a combattere tutte le forme di discriminazione, incluse quelle basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, attraverso misure legali, educative e culturali; e nell’art. 8 si fa riferimento in modo specifico alla lotta alle relative forme di violenza e bullismo nelle scuole [5]. Nella Raccomandazione del Comitato dei Ministri CM/Rec(2010)5 del 31 marzo 2010 vi è una sezione specifica dedicata all’educazione (artt. 31 e 32): si invitano gli stati membri a predisporre curricoli e materiali scolastici che promuovano il rispetto delle differenze delle identità di genere e degli orientamenti sessuali, e su questi elementi si deve vigilare affinché non vi siano peculiari forme di discriminazione, anche nello stesso processo educativo. Inoltre, accanto a un adeguato coinvolgimento delle famiglie degli studenti, si auspica anche un’adeguata formazione dei docenti su tali tematiche [6].

Che non vi sia preparazione specifica nei docenti italiani è facilmente ravvisabile, poiché, anche se intervengono a favore delle vittime del bullismo omofobico/transfobico, di frequente non riescono a essere abbastanza incisivi nell’azione ‘(ri)educativa’: e talora, purtroppo, gli stessi docenti fanno finta di non accorgersi oppure prendono le parti degli aggressori, confermando – dal loro punto di vista – la giustezza e la bontà delle posizioni etero-normative e, dunque, dell’omofobia/transfobia. Il disagio e il malessere psicologici procurati dagli omofobi/transfobi alle persone LGBT possono essere di diversa gradazione fino a giungere al suicidio [7], le cui motivazioni reali vengono taciute dalle famiglie e dalle scuole stesse, che – con la scusa della riservatezza e della privacy – riescono cosí a innescare, invece, una spirale di odio e discriminazione che aumenta senza sosta la propria ampiezza. Càpita persino che vi siano ancora insegnanti che considerino l’orientamento omosessuale una malattia o una scelta e che comunichino – direttamente o indirettamente – ai propri alunni queste idee fallaci e dannose: anche per questo, le cosiddette “teorie riparative” non sono altro che strumenti di tortura [8]. È necessario, dunque, procedere alla formazione non solo dei docenti ma anche dei dirigenti scolastici, che oggi hanno funzioni e ruoli ampi e responsabilità piú cogenti rispetto a un tempo: quindi, specifiche norme in materia dovrebbero essere promulgate per il settore dell’istruzione [9]. Infatti, per ora, i progetti anti-omofobia/transfobia non sempre vengono accolti e approvati dalle scuole: ovviamente, vengono messe in campo giustificazioni che non entrano nel merito e che sono solo di tipo pretestuoso, ché mostrano ancora la resistenza culturale da parte delle istituti a trattare certe tematiche. Inoltre, bisogna tutelare tutte le persone LGBT che operano nel contesto scolastico, i docenti e il personale tecnico-amministrativo, ausiliario e esterno: e chi tenta di proporre azioni e materiali di tipo didattico volte alla comprensione delle tematiche delle identità di genere e degli orientamenti sessuali deve essere messo nelle condizioni migliori di poter agire e non essere osteggiato in modo palese e diretto o indiretto e schermato da parte delle famiglie degli studenti o dai colleghi o dai dirigenti scolastici.

Le problematiche LGBT dovrebbero rientrare a pieno titolo nei curricoli delle scuole di ogni ordine e grado: lo stesso Ministero dovrebbe predisporre materiali e risorse specifiche e le scuole dovrebbero declinare a seconda dei contesti le peculiari nuove indicazioni nazionali. Attività funzionalmente dirette o interventi e buone pratiche diffuse si possono progettare anche collegialmente, ma il docente – soprattutto in mancanza di un coordinamento piú ampio o in presenza di peculiari necessità formative e educative – può procedere anche individualmente nell’elaborazione di opportuni percorsi e materiali riguardanti le tematiche LGBT nel quadro del rispetto delle differenze e della valorizzazione e della difesa dei diritti umani fondamentali. Le identità di genere e gli orientamenti sessuali non sono mai stati e non sono ancora oggi presenti nei documenti ufficiali del Ministero: timidi riferimenti alla formazione dei generi si possono incontrare rarissimamente, ma un valore peculiare e rilevante a questa sfera tematica non è ancora riscontrabile. Nonostante fondamentali norme di varia natura vengano approvate a livello sovranazionale, l’Italia, diversamente dalla maggior parte dei piú progrediti Stati dell’UE, persiste nella sua sordità rispetto a ogni tipo di ‘sollecitazione’ riguardante i diritti LGBT e, in generale, le identità di genere e gli orientamenti sessuali. La strumentalizzazione di queste tematiche è giunta a livelli di intolleranza molto elevati, e i fenomeni parossistici si rendono fortemente insopportabili: l’ignoranza e la svalorizzazione dei diritti umani innalzano muri sempre piú elevati proprio quando vi è il timore che queste barriere vengano meno e che, dunque, i privilegi e le prerogative si trasformino in opportunità e diritti per tutti. È, invece, ora necessario estendere l’educazione alla cultura dell’uguaglianza, al rispetto delle differenze, all’apertura al mutamento: una visione pluriprospettica e che considera e ritiene valide in modo paritetico tutte le posizioni e condizioni si oppone a ogni forma di discriminazione e di dominazione, che è monoprospettica e che non intende comprendere la ricchezza e le potenzialità delle alterità e delle diversità.




NOTE

[1] https://salsa.democracyinaction.org/o/1870/images/FINAL%20RESOLUTION%20-%20PASSED.pdf. Cfr anche http://www.unhcr.org/refworld/category,POLICY,UNGA,,,49997ae312,0.html.

[2] http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P7-TA-2011-0427+0+DOC+XML+V0//IT&language=IT.

[3] http://www.google.it/search?gcx=w&sourceid=chrome&ie=UTF-8&q=Strumentario+per+la+promozione+e+la+tutela+dell%E2%80%99esercizio+di+tuttti+i+diritti+umani+da+parte+di+lesbiche%2C+gay%2C+bisessuali+e+transgender.

[4] http://www.amnesty.it/Rapporto-Annuale-2010/aggiornamento-diritti-umani-Italia.

[5] http://www.assembly.coe.int/Mainf.asp?link=/Documents/WorkingDocs/Doc11/FDOC12561.htm. Si confrontino, dunque, anche la Raccomandazione 1915(2010) (http://www.assembly.coe.int/Mainf.asp?link=/Documents/AdoptedText/ta10/EREC1915.htm. «The Assembly recommends that the Committee of Ministers: 3.1. monitor the implementation of its recent recommendation to member states on measures to combat discrimination on grounds of sexual orientation or gender identity; 3.2. define further Council of Europe action in this field, in particular: 3.2.1. instruct a relevant Council of Europe body to review and address issues related to discrimination on the basis of sexual orientation and gender identity in member states, and provide it with the necessary resources to carry out this task; 3.2.2. further mainstream issues relating to discrimination on the basis of sexual orientation and gender identity in its activities, and disseminate the case law of the European Court of Human Rights on sexual orientation and gender identity, including through publications and training materials; 3.2.3. in the framework of its work on children and violence, address in particular the issue of homophobic and transphobic bullying at school; 3.2.4. further develop anti-discrimination and awareness-raising programmes fostering tolerance, respect and understanding of lesbian, gay, bisexual and transgender people and, in particular, organise a campaign to combat discrimination on the basis of sexual orientation and gender identity; 3.3. instruct the Ad hoc Committee on Preventing and Combating Violence against Women and Domestic Violence (CAHVIO) to include in the future Council of Europe convention the severest and most widespread forms of violence against women, in accordance with Assembly Recommendation 1847 (2008) [http://assembly.coe.int/Main.asp?link=/Documents/AdoptedText/ta08/EREC1847.htm “Combating violence against women: towards a Council of Europe convention”] on combating violence against women: towards a Council of Europe convention, and to recognise that lesbian, bisexual and transgender women face an increased risk of gender-based violence (in particular rape, sexual violence and harassment, as well as forced marriages) and provide protection commensurate with this increased risk». [art. 3]) e la Risoluzione 1728(2010) (http://assembly.coe.int/Main.asp?link=/Documents/AdoptedText/ta10/ERES1728.htm. «Nevertheless, lesbian, gay, bisexual and transgender (LGBT) people, as well as human rights defenders working for the rights of LGBT people, face deeply rooted prejudices, hostility and widespread discrimination all over Europe. The lack of knowledge and understanding about sexual orientation and gender identity is a challenge to be addressed in most Council of Europe member states since it results in an extensive range of human rights violations, affecting the lives of millions of people. Major concerns include physical and verbal violence (hate crimes and hate speech), undue restrictions on freedom of expression, freedom of assembly and association, violations of the right to respect for private and family life, violations of rights to education, work and health, as well as regular stigmatisation. As a consequence, many LGBT people across Europe live in fear and have to conceal their sexual orientation or gender identity» [art. 3]. «Hate speech by certain political, religious and other civil society leaders, and hate speech in the media and on the Internet are also of particular concern. The Assembly stresses that it is the paramount duty of all public authorities not only to protect the rights enshrined in human rights instruments in a practical and effective manner, but also to refrain from speech likely to legitimise and fuel discrimination or hatred based on intolerance. The boundary between hate speech inciting to crime and freedom of expression is to be determined in accordance with the case law of the European Court of Human Rights» [art. 7]. «Homophobia and transphobia have particularly serious consequences for young LGBT people. They face widespread bullying, sometimes unhelpful or hostile teachers and curricula which either ignore LGBT issues or perpetuate homophobic or transphobic attitudes. A combination of discriminatory attitudes in society and rejection by the family can be very damaging for the mental health of young LGBT people, as evidenced by suicide rates which are much higher than those in the wider youth population» [art. 8]. «It is important not to criticise the perceived or declared sexual orientation of young people, particularly of those aged under 18 still attending school, and to recognise that any exploitation of their perceived or declared sexual identity, or any humiliation or degrading treatment on that basis, can be both wrong in itself and potentially harmful to the well-being and personal growth of these young people both at that stage and later in life» [art. 9]).

[6] «Taking into due account the over-riding interests of the child, member states should take appropriate legislative and other measures, addressed to educational staff and pupils, to ensure that the right to education can be effectively enjoyed without discrimination on grounds of sexual orientation or gender identity; this includes, in particular, safeguarding the right of children and youth to education in a safe environment, free from violence, bullying, social exclusion or other forms of discriminatory and degrading treatment related to sexual orientation or gender identity» (art. 31). «Taking into due account the over-riding interests of the child, appropriate measures should be taken to this effect at all levels to promote mutual tolerance and respect in schools, regardless of sexual orientation or gender identity. This should include providing objective information with respect to sexual orientation and gender identity, for instance in school curricula and educational materials, and providing pupils and students with the necessary information, protection and support to enable them to live in accordance with their sexual orientation and gender identity. Furthermore, member states may design and implement school equality and safety policies and action plans and may ensure access to adequate anti-discrimination training or support and teaching aids. Such measures should take into account the rights of parents regarding education of their children» (art. 32).
https://wcd.coe.int/wcd/ViewDoc.jsp?id=1606669#RelatedDocuments.

[7] Cfr “Il suicidio tra i giovani gay, lesbiche, bisessuali e transgender. Relazione di ILGA-Europe per la Commissione degli Affari Sociali, Sanità e Famiglia dell’ Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa”, agosto 2007: http://www.ilga-europe.org/home/guide/country_by_country/italy/report_on_suicidality_among_lesbian_gay_bisexual_and_transgender_youth.

[8] Si veda, p.es., la relazione “Omofobia, transfobia e discriminazione basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere” della FRA - European Union Agency for Fundamental Rights: http://fra.europa.eu/fraWebsite/research/publications/publications_per_year/2011/fra_homophobia_synthesis_en.htm. Utili possono essere anche le risorse della HALDE – Haute Autorité de Lutte contre les Discriminations et pour l’Égalité, si vedano in particolare i rapporti annuali (con relative presentazioni): http://www.halde.fr/-Rapports-annuels-.html.

[9] Utili materiali si possono scaricare dal sito dell’Arcigay: http://www.arcigay.it/pubblicazioni/. Tra gli altri strumenti, vi sono un interessante opuscolo belga e l’interattivo sito della HALDE sull’uguaglianza: http://www.enseignement.be/index.php?page=25938&id=4851, http://www.halde.fr/elearning/. Inoltre: Giuliana Beppato-Maria Tina Scarano, “Il libro di Tommi. Manuale educativo e didattico su scuola e omogenitorialità”, Milano: Il Dito e la Luna, 2010; Antonella Montano-Elda Andriola, “Parlare di omosessualità a scuola. Riflessioni e attività per la scuola secondaria”, Trento: Centro Studi Erickson, 2011; Silvia Manzani, “Figli di uno stesso sesso. Abbattere le barriere educative nei confronti delle famiglie omogenitoriali”, Ravenna: Fernandel, 2011.

15 aprile, 2011

Sui generis: nasce la rubrica di «Riforma della scuola» su educazione e studi di genere

Bijoy M. Trentin ed Emanuela De Luca

Le sfaccettature delle identità di genere e degli orientamenti sessuali procurano nella nostra società ancora forti tensioni e discriminazioni. Le disparità tra uomo e donna, anche negli stati sviluppati, sono evidenti: in alcuni paesi, la donna è spesso considerata ancora solo come moglie/madre o come oggetto, solitamente sessuale. Le violenze avvengono frequentemente all’interno delle mura domestiche: esse costituiscono, oggi, la principale causa di morte e invalidità per le donne tra i 16 e i 44 anni. Rispetto ai maschi, le femmine conseguono mediamente risultati scolastici migliori, ma il loro accesso all’istruzione è più limitato: tale divario si ripresenta anche nel mondo del lavoro, sia in termini di tasso di occupazione sia di trattamento economico. Vittime del bullismo sono anche le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali): fin dai banchi di scuola, l’omofobia miete le proprie vittime, fino giungere anche a indurre al suicidio (e spesso le famiglie e le scuole non riconoscono, piú o meno coscientemente, la causa di tali morti). La trasparenza o l’invisibilità dei vissuti e delle problematiche LGBT avviene attraverso la rimozione, purtroppo, a volte, incentivata, direttamente o indirettamente, anche dagli insegnanti e dalle stesse istituzioni scolastiche.

Vi è una stretta connessione tra natura e cultura nella costruzione dell’identità di genere e nell’affermazione dell’orientamento sessuale. Ancora oggi c’è chi sostiene che l’omosessualità sia una scelta e persino una deviazione, una malattia e che si debba dunque curare: tali terapie sono da considerare “lacerative” dell’integrità psico-fisica, e non “riparative” come si autoproclamano. Ancora oggi c’è chi, con parole e azioni, propone modelli che considerano le donne come merce di scambio: ai giorni nostri, si assiste persino a un regresso rispetto alla libera e consapevole autodeterminazione delle donne conquistata lentamente e a fatica negli ultimi decenni. Le donne stesse hanno finito per confondere la libertà sessuale, conquista delle lotte femministe, con lo scambio sessuale, la libertà di disporre liberamente del proprio corpo con la sua gratuita esibizione e offerta. Inoltre, in Italia, si può registrare anche una certa ‘lentezza’ legislativa. Per esempio, è solo dal 1996 che il reato di violenza sessuale è considerato un reato contro la persona e non contro la morale e il buon costume (Legge n. 66/1996). E ancora oggi non si è giunti a una legge che tra le motivazioni specifiche di discriminazione e violenza individui anche quelle basate sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale: la proposta di legge Concia è stata respinta nel 2009, lo stesso anno in cui Obama ha firmato una legge che tra i crimini d’odio prevede le violenze per motivi di religione, razza, colore della pelle, origine nazionale, genere, identità di genere, orientamento sessuale, disabilità («Matthew Shepard Act»).

Per i processi di elaborazione dell’identità di genere e di acquisizione di consapevolezza dell’orientamento sessuale i contesti formativo-educativi risultano di fondamentale importanza: la relazione educativa si deve realizzare mediante sia adatti (accoglienti) milieus sia specifici (intenzionali) percorsi discorsivi pedagogico-didattici. La riflessione relativa a tali teorie e prassi che si intende avviare in questa nuova rubrica di «Riforma della scuola» ha come meta quella di consentire effettivi passi in avanti per i singoli e per la collettività, di catalizzare idee, atteggiamenti e comportamenti (anche di rilievo politico) indirizzati a contribuire a fondare una società veramente democratica (inclusiva) e laica (pluralista). L’aumento e il decentramento dei punti di vista e la molteplicità e la varietà delle prospettive si inseriscono in panorami che non possono ridurre la complessità a pochi termini, a concetti limitati e limitanti, ma che, invece, si ampliano proprio nel rispetto e nella valorizzazione di ogni identità di genere e orientamento sessuale.


I contributi per questa rubrica da sottoporre all’attenzione della redazione possono essere inviati all’indirizzo email bijoy.trentin@gmail.com